L'etica della scrittura. Intervista a Gianrico Carofiglio. "La parola, elemento sostanziale e determinante della vita delle persone"

di Orlando Trinchi 14/12/2016 CULTURA E SOCIETÀ
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«Mi ha sempre affascinato – scrive Gianrico Carofiglio nell'Introduzione al saggio La manomissione delle parole (Rizzoli, 2010) – l'idea che le parole – cariche di significato e dunque di forza – nascondano in sé un potere diverso e superiore rispetto a quello di comunicare, trasmettere messaggi, raccontare storie. L'idea, cioè, che abbiano il potere di produrre trasformazioni, che possano essere, letteralmente, lo strumento per cambiare il mondo». Dare senso alle parole, sottraendole a «usi impropri, eccessivi o anche solo inconsapevoli», equivale quindi a «cercare di dare senso alle cose, ai rapporti fra le persone, alla politica intesa come categoria nobile dell'agire collettivo».

Riflessioni sul linguaggio e la scrittura – e la necessità di etica e chiarezza a essi correlata – hanno sostanziato sia il già citato La manomissione delle parole che il successivo Con parole precise. Breviario di scrittura civile (Laterza, 2015), mentre riaffiorano ora, declinate in chiave narrativa, in alcuni degli scritti che compongono il recente Passeggeri notturni (Einaudi, 2016).

 Carofiglio, in un brano del suo ultimo libro, Passeggeri notturni – come anche in un passo de La manomissione delle parole – lei rimarca l'importanza delle ricerche condotte dall'antropologo e psicoterapeuta Robert Levy nella Tahiti degli anni Cinquanta, da cui sarebbe derivato il concetto di ipocognizione...

 L'antropologo Robert Levy si rese conto che il tasso di suicidi a Tahiti era il più alto del mondo e, dopo un lungo periodo di studio, scoprì che nella lingua dei tahitiani non esistevano parole per indicare il dolore morale e il malessere psicologico: pur avvertendoli, essi non erano in grado di nominarli. Giungevano al suicidio per l'incapacità di esprimere il dolore e di dargli un nome. Questo aneddoto scientifico evidenzia molto più di tante spiegazioni teoriche quanto la parola possa essere un elemento sostanziale e determinante della vita delle persone.

 Come si coniuga la necessità di chiarezza del linguaggio, su cui lei ha più volte richiamato l'attenzione, con la naturale performatività della scrittura letteraria?

 Premesso che ognuno scrive come preferisce, la mia idea è che la regola fondamentale di tutte le scritture – e quindi anche di quella letteraria – sia evitare parole inutili, che non significa necessariamente utilizzare poche parole; ci sono casi in cui le parole utili – o, meglio, le parole necessarie – possano anche essere tante, proprio in funzione della complessità di quanto uno scrittore si trova a narrare. Vanno usate soltanto le parole che servono, non una di più.

 Nel racconto Sinceramente prende in considerazione l'uso degli avverbi: nella scrittura, potrebbero costituire un problema?

 Non di rado gli avverbi rappresentano un problema, in quanto vengono utilizzati in maniera non conforme alla loro funzione: essi servono a enfatizzare i concetti ma, molto spesso, vengono adoperati per nascondere le reali intenzioni di chi parla. Se facciamo riferimento proprio all'avverbio 'sinceramente', si pensi a quante volte esso viene usato per nascondere la mancanza di sincerità.

 Ha notato uno scarto nel linguaggio politico fra la retorica diffusa durante i governi Berlusconi e la situazione attuale?

 Credo che il linguaggio politico si dimostri poco capace di cogliere le complessità. Nell'epoca berlusconiana il carattere tossico di certa retorica era, a mio avviso, più evidente di quanto non lo sia il linguaggio di chi governa adesso, nonostante non vi sia dubbio che esista un problema di propaganda che va seriamente affrontato.

 E invece, per quanto riguarda lo slogan, presente sia nel linguaggio politico che in quello dell'informazione?

 Lo slogan, pur se in modo accattivante o creativo, deve dire la verità. Nel momento in cui lo slogan diventa fine a sé stesso, come capita spesso, o addirittura uno strumento per nascondere la verità, si assiste a forme piuttosto gravi di distorsione e manipolazione.

 


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